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Un grande bianco tra giganti rossi: la Vernaccia di San Gimignano

di Andrea Amadei 22 Giugno 2021 15:54

La Vernaccia di San Gimignano può sembrare uno dei vini minori della Toscana, ma conoscendolo si scopre un mondo da degustare.

Se v’è alcuno a cui non piaccia,
la Vernaccia
Vendemmiata in Pietrafitta,
interdetto,
maledetto,
fugga via dal mio cospetto.

Così scriveva nel 1685 il naturalista e letterato Francesco Redi nel ditirambo intitolato Bacco in Toscana. Un’opera di quasi mille versi composta dall’autore per rendere onore ai vini della sua regione contro la moda imperante delle bevande allora esotiche come caffè, tè, birra, sidro, cioccolata e altri distillati non italiani. In effetti le sorprese che possono riservarci alcuni vini, quando andiamo ad approfondirne la storia, vanno ben oltre il piacere dell’assaggio. Nel caso della Vernaccia di San Gimignano le scoperte superano la fantasia, tanto da sembrare l’opera del più talentuoso dei marketing manager.

Un vino da vip del Medioevo e Rinascimento

Con la Vernaccia sembra di trovarsi dinnanzi al vino dei vip di Medioevo e Rinascimento. lo nominano dante e boccaccio, e ludovico il moro ne pretese 200 fiaschi Sappiamo che Ludovico il Moro nel 1487 ne pretese dal Comune toscano ben 200 fiaschi per celebrare le nozze di un Visconti con la principessa del Regno di Napoli. Addirittura lo stesso comune 10 anni prima decise di nominare quelli che potremmo considerare fra i primi sommelier della storia, cioè due assaggiatori ufficiali per scegliere le migliori botti da destinare ai personaggi più illustri. Il prestigio della Vernaccia di San Gimignano non può dirsi descritto se non si accenna al fatto che sia l’unico vino apertamente citato da Dante nella Divina Commedia (canto XXIV del Purgatorio) e che dalla contrada di Bengodi, il paese del piacere per eccellenza nell’immaginario comune, il Boccaccio facesse passare un fiumiciattolo non di acqua ma proprio di Vernaccia.

La prima DOC della Contessa

Pare impossibile che questo vino tanto celebre (e celebrato) nella storia, oggi non goda della notorietà e del prestigio che meriterebbe fra gli amanti del buon bere; onestamente viene da chiedersi il perché. 55 anni fa fece registrare la vernaccia come prima doc Per ora nessuno riesce a darsi una spiegazione, se non quella che la Vernaccia di San Gimignano sia stata realmente sostituita nell’arco del XVIII secolo da quelle bevande esotiche e di lusso che il Redi tentava di contrastare. Ciò che è certo è che dal 1700 alla metà secolo scorso, la storia del vino dei vip di Medioevo e Rinascimento appare sospesa fino a ricominciare per mano di una nobildonna: la contessa Albi Balbi Vallier. Biellese di nascita e trasferitasi nella tenuta di Pietrafitta dopo il matrimonio e completamente votata all’amore per la Vernaccia, grazie al suo incessante lavoro di recupero, 55 anni fa riuscì nell’impresa di far registrare il vino sangimignanese come prima Denominazione d’Origine Controllata d’Italia (poi diventata d’origine controllata e garantita nel 1993).

Un grande bianco in una regione di giganti rossi

Prodotta solo ed esclusivamente all’interno del comune con lo skyline medievale più celebre del Paese, oggi la Vernaccia emerge sempre di più come un grande bianco in una Regione votata alla produzione di giganti rossi (Brunelli di Montalcino, Chianti Classico, Supertuscans, bolgheresi). È la Regina bianca in una terra di Re rossi o l’Eminem del vino, decidete voi. I segreti del territorio sono la conformazione collinare che apporta una ventilazione costante fra le vigne, consentendo ai grappoli compatti di crescere sani e profumati; un terreno antico, risalente a circa 3 milioni di anni fa, ricco, oltre che di fossili marini, anche di sali minerali che apportano sapidità nel bicchiere. Infine lei, Sua Maestà la Vernaccia, uva in grado di trasferire grande corpo al vino, lo stesso spessore delle mura medievali che oggi adornano il centro storico di San Gimignano, dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco.

Un’uva particolare

Come quest’uva sia arrivata qui è tutt’oggi un mistero. Il termine Vernaccia accomuna infatti diverse uve italiane che fra loro non hanno nulla a che fare, talvolta nemmeno il colore e pare che derivi dal latino vernaculus, cioè semplicemente locale, del posto. È anche in corso uno studio per capire se invece questa varietà di vite non sia stata importata dalla Liguria, precisamente da Vernazza, dove esiste da secoli un’uva chiamata localmente Piccabun e che pare condividere con la Vernaccia di San Gimignano una parte abbondante del patrimonio genetico. Tutto ancora da confermare e decifrare, ma ciò che è certo è che la Vernaccia di San Gimignano sta tornando a essere il vino poderoso e di prestigio capace di affrontare i lunghi e scomodi viaggi verso le nobili corti medievali d’Europa.

Degustazione della Vernaccia di San Gimignano

È solitamente muscolosa, dotata di ampia mineralità e abbondante freschezza (termine sommelieristico che indica un’acidità positiva). Virtù che la rendono capace di affinare e migliorare con l’età, regalando profumi che dalle nespole fresche virano verso la frutta secca e la pietra focaia. Altro pregio che fa della Vernaccia toscana un vino moderno è la versatilità nell’abbinamento con il cibo: si sposa con crostacei e pesci cotti al forno, ma anche con ragù bianchi e arrosti di carni chiare, funghi e persino con piatti insaporiti da curry o zafferano, spezia fra l’altro coltivata da secoli proprio in questo angolo di Toscana. Insomma dagli alti fasti di un tempo alla rinascita degli ultimi anni, dentro un bicchiere di Vernaccia sangimignanese, come spesso accade quando si parla di vino, c’è una lunga storia, da raccontare oppure no, l’importante è godersi il sorso consapevolmente.

I nostri assaggi

Un articolo sul vino non sarebbe completo senza alcuni assaggi e consigli per godere della Vernaccia di San Gimignano in prima persona.

  1. Vernaccia di San Gimignano Docg Carato 2017 Montenidoli. Montenidoli, “il monte dei piccoli nidi”, è l’azienda agricola di Elisabetta Fagiuoli, vulcanica signora e memoria storica della Vernaccia di San Gimignano. La coltivazione è biologica e si allevano conigli per usarne il concime e lombrichi per smuovere e arricchire di humus i terreni. Niente acciaio, il Carato è vinificato alla maniera medievale, fermenta e matura solo in legno prima di affinare a lungo in bottiglia per riequilibrarsi. Ne esce una Vernaccia potente e corposa, ma sorretta da un’ottima freschezza e grande mineralità che fanno sempre venir voglia di berne un altro sorso. Paglierino dorato,  profuma di agrumi, nespole, mandorle e fiori di biancospino.
  2. Vernaccia di San Gimignano DOCG Riserva Sanice 2017 Cesani. Cesani è una cantina ormai storica con qualcosa come una settantina  di vendemmie alle spalle. Si trova a Pancole, 6 Km a nord di San Gimignano. Si tratta di un agriturismo con camere posto sulla sommità di un colle con una bellissima vista. L’agricoltura segue i dettami del Biologico. Il Sanice nasce e matura solo in acciaio, dove sosta un anno all’ingrasso sulle fecce fini prima di essere imbottigliato. Paglierino con lampi dorati, ricorda il miele e lo zafferano con ventate d’agrumi e di erbe aromatiche. Fresco e minerale dura a lungo sul palato e poco nel bicchiere.
  3. Vernaccia di San Gimignano Riserva 2017 Guicciardini Strozzi. La storia dei Guicciardini Strozzi è millenaria e vanta illustri antenati fra cui la modella più celebre della storia: Lisa Gherardini del Giocondo, anche conosciuta come Monna Lisa. Villa Cusona è una prestigiosa e spettacolare cantina museo dove respirare la storia della Vernaccia e della Toscana stessa. La Riserva è prodotta solo in annate particolarmente favorevoli, le uve prima della spremitura sono criomacerate per enfatizzarne i profumi poi il vino sosta in botte qualche mese e in bottiglia per più di un anno. Il colore è il tipico paglierino dorato e fra gli aromi c’è frutta in abbondanza (melone, pesca e agrumi) arricchita da note di fiori e pepe bianco. Il sorso è potente ma sempre dinamico grazie a sapidità e freschezza.
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