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Agriturismo gourmet: Seguire le botti a Sabaudia

di Salvatore Cosenza 12 Luglio 2022 14:30

Tra Sabaudia e Terracina ci sono la Cantina Sant’Andrea e l’Agriturismo Seguire le botti: un progetto di famiglia perfettamente riuscito.

Quando si parla di ristorazione da agriturismo si pensa istintivamente a un’offerta basata su ingredienti (almeno in parte) autoprodotti, utilizzati per realizzare piatti semplici, serviti in un ambiente rustico. Se si è sfortunati però, si può incappare anche in clamorose delusioni, perché, si sa, genuinità e qualità non sono sempre sinonimi. Negli ultimi anni, tuttavia, c’è stato un significativo scatto in avanti anche in questo segmento, tant’è vero che non mancano casi di ristoranti rurali stellati. Privo di ansie da prestazione, ma comunque ambizioso, è il progetto realizzato dai proprietari di Cantina Sant’Andrea tra Sabaudia e Terracina

Una storia di famiglia

Non basterebbe un libro per raccontare l’incredibile epopea dei Pandolfo, siciliani, viticoltori per vocazione dal diciannovesimo secolo, prima a Pantelleria e poi in Tunisia. Con la nazionalizzazione delle terre da parte del governo tunisino, nel 1964, si ritrovarono improvvisamente nullatenenti e costretti a fuggire in Italia. Ad attenderli, un campo profughi a Latina, dove si accorsero ben presto del potenziale vitivinicolo della pianura pontina. L’acquisto di un primo podere nelle campagne di Terracina diede inizio a un nuovo capitolo della loro saga familiare.

L’azienda e i vini

Gabriele Pandolfo oggi si occupa di 100 ettari di vigne sparse nel basso Lazio. Suo figlio Andrea presta invece attenzione a quanto accade in cantina. Sono oltre un milione le bottiglie prodotte annualmente, con un buon 40% destinato al mercato a stelle e strisce. Quella denominata Le Botti è la linea di vini da tavola, mentre le etichette Acquerelli sono destinate alle bottiglie di maggior pregio: Moscato di Terracina, Circeo DOC bianco o rosso, IGT Lazio rosso, ma anche passito e grappa. 

Seguire Le Botti

Quando i Pandolfo si stabilirono nell’Agro Pontino, non c’erano certo smartphone e navigatori. La posizione defilata dell’azienda, rispetto alle strade più trafficate, gli fece aguzzare l’ingegno per farsi trovare dai clienti. Installare delle insegne stradali sarebbe stato troppo costoso e così utilizzarono delle botti a mo’ di indicazione. Questa è l’origine del nome dell’agriturismo Seguire le botti, che sorge all’interno del podere: cinque stanze, diversi spazi comuni, tanto verde e ovviamente il ristorante. Nella sala, manco a dirlo, ci sono tante botti e in cucina, invece, c’è lo chef Pasquale Minciguerra, il cui obiettivo dichiarato è l’esaltazione delle materie prime locali, in un menu esclusivamente di terra che cambia nel rispetto della stagionalità

La degustazione

Un pranzo sul finire della primavera è stato l’occasione per testare la cucina di chef Minciguerra. Si può ordinare alla carta, ma sono altresì disponibili due percorsi degustazione, da sei oppure otto portate, rispettivamente a 48 e 58 euro, a cui aggiungere eventualmente 13 o 16 euro per l’abbinamento con i vini. Si parte con una serie di gustosi e scenografici amuse bouche. Fate attenzione a pane e focaccia fatti in casa: irrorati con l’olio di produzione propria (cultivar Itrana) sono una vera tentazione. La Tartare Bufalo e Bufala è un omaggio a una delle eccellenze del territorio: dagli allevamenti locali arrivano sia la carne sia la stracciatella e l’aggiunta di gelato di datterino giallo è una piacevole intuizione. La Zeppola di fiori di zucca è invece servita con panna cotta ai peperoni, mozzarella di bufala e colatura di alici di Anzio. È chiaro, allo chef piace rimodellare preparazioni classiche, dando loro forme insolite. Così, la Parmigiana diventa il ripieno di una melanzana violetta, a sua volta panata e fritta e servita su un cremoso al Nero di bufala di Amaseno. Si prosegue, poi, con i Ravioli farciti con ragù bianco d’agnello dei monti Lepini, conditi con crema cacio e uova (di oca), accompagnati da piselli decorticati, asparagi selvatici al vapore e zucchina romanesca fritta. Il Capocollo di Mangalica è un piccolo capolavoro, tanto nell’esecuzione quanto nella ricetta: cotto a bassa temperatura risulta al tempo stesso scioglievole e croccante, ed è servito su crema di peperoni e di albicocca al Capitolium, il passito di Cantina Sant’Andrea. Prima di passare ai dessert, concedetevi un assaggio di formaggi laziali, selezionati personalmente da Andrea Pandolfo: alcuni sono delle chicche notevoli. Per quanto riguarda i dolci, dicevamo, il consiglio è di non perdervi per nessuna ragione il profumatissimo Babà con cremoso agli agrumi, gelato e crema inglese al liquore limone e cedro Colazingari: omaggio alle radici campane dello chef.