Home Chef Come si riconosce un buon pandoro? L’abbiamo chiesto all’esperto: Olivieri 1882

Come si riconosce un buon pandoro? L’abbiamo chiesto all’esperto: Olivieri 1882

di Andrea Febo 23 Novembre 2020 10:27

L’altro dolce delle feste natalizie, il pandoro, ha moltissimi estimatori. Come si riconosce un buon pandoro? L’abbiamo chiesto a un esperto.

Parlando di prodotti artigianali, sempre più spesso ci si chiede come si può riconoscere un prodotto artigianale buono. Ad esempio il pandoro, uno dei due lievitati simbolo del Natale. Partiamo dall’inizio.

Origini

Per sapere come riconoscere un pandoro davvero buono è necessario partire dalle origini. A differenza del cugino milanese, la storia del pandoro ha origini certe e ben definite sia nel tempo che nel suo creatore. Era il 14 ottobre 1894, quando il veronese Domenico Melegatti si presentò al Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d’Italia per farsi rilasciare il Certificato di Privativa Industriale. fu domenico melegatti a brevettare la ricetta nel 1894 Una sorta di brevetto che gli riconosce tutt’oggi la paternità di questo dolce natalizio. A lui si deve la ricetta, la forma e il nome del pandoro. Il pasticciere Melegatti prese ispirazione da altri dolci tipicamente natalizi, caratteristici in un Veneto influenzato sia dalle tradizioni austriache che francesi, come il Nadalin e il Levà. Mantenendo la forma a stella del primo e aggiungendo uova e burro al secondo, eliminando mandorle, pinoli e zuccherini, il pasticciere di Verona creò un dolce soffice che richiamava un’altra prelibatezza della tavola dei Dogi, il Pan de Oro. Il Pandoro di 126 anni fa: 3 dolci d’ispirazione, 2 contaminazioni, 7 cicli di impasto, 12 ore di lievitazione e una lunga cottura a temperatura controllata e costante. Impasto soffice, profumo di burro.

EVOLUZIONE DEL PANDORO: OLIVIERI 1882

Per capire come il pandoro sia cambiato e arrivato al 2020, dopo anni passati all’ombra del panettone, siamo andati nella sua regione di origine e abbiamo fatto due chiacchiere con chi ha deciso di investire nella sua ribalta.un'azienda storica ma proiettata nel mondo della pasticceria artigianale moderna  Olivieri 1882 è un’azienda con più di un secolo di storia proiettata nel mondo della pasticceria artigianale, poi evoluta in quello che oggi vede affiancare al tradizionale laboratorio di Arzignano (VI), un filone B2b in grado di esportare in tutto il mondo e un nuovo spazio di 1.200 metri con servizi di caffetteria e pizzeria. Tra i riconoscimenti ricevuti negli ultimi anni, i Tre Pani e Due Spicchi Gambero Rosso per il pane e la pizza Olivieri e nel 2017 l’inserimento nella classifica delle Migliori Colazioni d’Italia, ottenendo i Tre Chicchi Gambero Rosso per l’eccellenza dell’offerta di caffetteria e le Tre Tazzine per quella dell’offerta colazione del locale. Nel mondo della Pasticceria e dei lievitati da ricorrenza, oltre a Pandoro e Panettone Classico, il Panettone al Cioccolato ha raggiunto il podio nazionale nel 2019 e la Colomba Olivieri, che è stata premiata come Miglior Colomba Artigianale d’Italia 2019.

COME SI RICONOSCE UN BUON PANDORO ARTIGIANALE?

Nicola Olivieri, capo-pasticciere e titolare di Olivieri 1882, ha le idee chiare e il palato esigente. Dopo circa 5 anni in cui investe nella ricerca della sua ricetta perfetta per il pandoro che vuole produrre, il 2020 è l’anno giusto. Assaggiando il Pandoro Olivieri 1882, la sensazione è quella davvero di avere di fronte un prodotto equilibrato tra consistenza, profumo e dolcezza. “Il nostro è stato un lavoro di grande ricerca. Il nostro è un pandoro interamente artigianale, tutti i processi sono fatti a mano e prevedono 3 giorni totali di lavorazione, con un giorno intero dedicato solamente ai rinfreschi del lievito madre e alla sua maturazione. Lavoriamo poi su una sequenza di tre diversi impasti e dopo la pirlatura, lo lasciamo lievitare lentamente per 14-16 ore”. Fondamentale per un buon pandoro:

  • dolcezza non invadente;
  • struttura soffice ma non troppo alveolata. “La struttura del pandoro ci comunica subito la qualità dell’impasto e l’attenzione dedicata alla lievitazione e alla cottura, ma alla base ci sono sempre le materie prime.  La cottura è la fase più complessa, perché è quella che permette appunto alla struttura di formarsi”, dice Nicola.
  • l’impasto deve avere una consistenza capace di preservare la forma del dolce, risultando al tempo stesso soffice per sciogliersi in bocca.
  • materie prime di altissima qualità: “Un buon pandoro deve essere ricco, ma anche estremamente digeribile. Le materie prime è essenziale siano di altissima qualità. Noi abbiamo puntato ad escludere da subito qualsiasi tipo di conservante, aroma e grasso vegetale, puntando dritti a un prodotto veramente artigianale. Non abbiamo segreti e posso dire che utilizziamo solo lievito madre vivo, ogni giorno rinfrescato, limoni canditi artigianalmente e tritati all’interno dell’impasto, bacche di vaniglia Bourbon e Madagascar, farine rigorosamente di grani italiani, zucchero di canna grezzo, burro Belga ottenuto per centrifuga e miele di acacia italiano.”
  • profumo di burro e vaniglia: “Quando scartiamo un pandoro dobbiamo sentirlo subito. Deve essere delicato fino a esplodere nelle note di vaniglia quando lo tagliamo. Le stesse note le dobbiamo sentire al palato, con una sensazione zuccherina sicuramente dolce ma elegante e mai troppo grassa“.
  • leggerezza, scioglievolezza e digeribilità: “Il pandoro si deve sciogliere e il palato deve rimanere il più possibile pulito. Se ne potrebbero mangiare anche due fette, senza che rimanga pesante da digerire“.

Quanti pandori si vendono?

Sicuramente è un dolce rimasto all’ombra del suo compagno di tavola milanese per molti anni. L’evoluzione del panettone -trasformato gastronomicamente in un prodotto quattro stagioni – è stata esponenziale e in maniera proporzionale ne sono aumentate domanda e produzione. Il pandoro è rimasto all’ombra di produzioni quasi esclusivamente industriali. Sicuramente proprio per il rapporto sconveniente tra la qualità necessaria a renderlo appetibile e una domanda di mercato insufficiente a sostenerla. Come spesso accade però, negli ultimi anni gli artigiani e l’attenzione delle persone verso l’artigianalità, ha riportato la pasticceria a scommettere sul pandoro. Di fatto, succede che riscoprendo un prodotto buono, la domanda aumenta.

Oggi il pandoro ha una sua nicchia abbastanza ampia in Italia, ma se dirigiamo lo sguardo oltre confine scopriamo anche che comincia a essere una forte attrattiva all’estero. Forse complice questo periodo, non è un segreto che sono aumentati i consumi di prodotti Made in Italy sia in UE che oltreoceano e Olivieri 1882 si è attrezzato anche in questo: “Quest’anno, per la Pasqua, eravamo chiusi e abbiamo puntato sulla vendita on line. Forse non ci credevamo così tanto, ma abbiamo avuto dei risultati incredibili. Le sole vendite on line hanno superato la somma delle vendite dell’anno precedente, tra punti vendita e on line. Abbiamo deciso di continuare a investire su questo, approfondendo un mercato che secondo noi ha grandi potenzialità di sviluppo. Gli Stati Uniti. Oggi, grazie a un attento lavoro e a speciali accordi con gli spedizionieri, riusciamo a consegnare in qualsiasi città degli States entro 48h dall’ordine sul sito. Questo permette a noi di far arrivare un prodotto freschissimo, nel pieno delle sue caratteristiche principali, e a loro di poter ordinare un pandoro o un panettone il giovedì, direttamente da una pasticceria artigianale italiana, per la cena del sabato”.

Domenico Melegatti era un pasticciere di grande talento e nel 1894, con grande visionarietà, ha portato innovazione regalandoci una tradizione importante. Dopo 126 anni, se oggi torniamo a parlare di pandoro artigianale prodotto alle origini, possiamo dire che Domenico sarebbe tranquillamente un grande amico di Nicola Olivieri. Mai un rivale, perché nella ricerca della qualità come obiettivo comune, non c’è mai competizione.