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Cosa sono i fagioli zolfini?

di Marta Manzo 14 Febbraio 2022 16:00

I fagioli zolfini, o del cento, sono un presidio Slow Food della zona di Arezzo: ecco da dove vengono e come usarli in cucina.

Di piccole dimensioni, color giallo pallido. O meglio, color zolfo. Ecco da dove prendono il proprio nome i fagioli zolfini, antica varietà di questo legume tipica esclusivamente della zona del Pratomagno, in provincia di Arezzo. Presidio Slow Food, più digeribili rispetto ad altri omologhi, grazie alla buccia molto sottile, gli zolfini sono piuttosto rari da trovare al di fuori della loro zona di produzione. Per cui diciamo che, se avete in mente una prossima gita ad Arezzo, forse vale la pena andare a cercarli.

Fagioli zolfini, del cento, burrini

 © Wikipedia

Oltre che zolfini, questi fagioli sono detti anche fagioli del cento, perché vengono seminati il centesimo giorno dell’anno. Sono noti anche come fagioli burrini, visto che una volta cotti risultano densi e cremosi e si sciolgono in bocca. Proprio come il burro. Piccole chicche, globose e gialle, gli zolfini hanno anche una macchia oculare più chiara. Da sempre si coltivano tra l’Arno e il Pratomagno, a un’altitudine di 250-300 fino addirittura a 600 metri. Amano i terreni poveri, ma non sopravvivono in pianura, perché le loro radici molto superficiali non tollerano il ristagno d’acqua. Vengono seminati generalmente in aprile – il centesimo giorno, appunto – e spesso tra le pietre dei muretti a secco delle terrazze sotto agli ulivi, in modo che l’acqua dreni facilmente. A conservarne la tipicità sono ancora oggi pochissimi agricoltori, che continuano a coltivarli nonostante le numerose difficoltà: la capricciosa germinazione, l’insofferenza all’umidità, la bassa resa.

Fagioli zolfini: il presidio e la tutela

Se per questi motivi, dunque, fino a qualche anno fa i fagioli zolfini sopravvivevano soltanto negli orti di pochi contadini, grazie al lavoro di Slow Food questa qualità è stata riscoperta e recuperata. E non soltanto nella zona del Pratomagno. La rinnovata fama, tuttavia, si è portata dietro anche alcune conseguenze negative: sul mercato, negli anni scorsi, sono apparsi anche falsi zolfini, di scarsa qualità, che hanno rischiato di compromettere gli originali. Oggi, per fortuna, alcune associazioni riuniscono vari piccoli produttori, che coltivano lo zolfino sui terreni originali seguendo un disciplinare rigoroso.

La ricetta tradizionale dei fagioli zolfini

Pur avendo una buccia sottile, i fagioli zolfini reggono bene la cottura e possono andare avanti a fuoco lento per 3-4 ore e ben oltre. Belli densi e cremosi una volta pronti, la ricetta tradizionale prevede di mangiarli lessi, conditi con un filo d’olio extravergine d’olive e adagiati su pane (toscano) abbrustolito. Nelle famiglie usava e usa ancora oggi cuocerli una notte intera nel fiasco o in un tegame che veniva sistemato nel forno a legna subito dopo aver sfornato il pane. E di preparare, con gli avanzi, il giorno dopo, la ribollita.