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Perù: 6 cose fondamentali che non sapevate sul Pisco

di Salvatore Cosenza • Pubblicato 27 Marzo 2019 Aggiornato 29 Marzo 2019 09:40

Il Pisco è la bevanda nazionale del Perù, un distillato ancora poco diffuso nel mondo ma che riserva grandi sorprese: ve lo raccontiamo.

Quando gli uomini di Pizarro arrivarono in Perù, per gli Inca la visita non fu del tutto inaspettata. Ignari di come sarebbero andate poi le cose, accolsero con curiosità e generosità questi uomini barbuti venuti da lontano, i viticoltori peruviani iniziarono a distillare le eccedenze e nacque il pisco capaci di spostarsi sul dorso di grandi animali mai visti prima (i cavalli). Gli indigeni offrirono agli ospiti la chicha, bevanda fermentata a base di mais pre-masticato dalle donne, per la quale gli europei dimostrarono scarso entusiasmo. Di contro il vino portato dalla Spagna ebbe grande successo tra gli Inca. Peccato fosse avvelenato… Con i vertici dell’esercito messi fuori gioco in questo modo, fu facile per Pizarro e compagnia, catturare l’imperatore e massacrarne i soldati. Sebbene la storia del vino in Perù inizi in maniera tragica, il Paese sudamericano ne è divenuto un grande produttore subito dopo la colonizzazione, tanto da costringere le autorità spagnole a misure protezionistiche per porre un freno alle importazioni nella madrepatria. Questo portò i viticoltori peruviani a distillare le eccedenze: nasce così il Pisco, un’acquavite che col tempo è divenuta vera e propria bevanda nazionale.

  1. Origini del nome. L’ipotesi etimologica più accreditata propende per la parola pisqus che, nell’antica lingua Quechua, significa uccello e da cui deriva il toponimo di Pisco, cittadina costiera, famosa appunto per la grande quantità di piccoli volatili e in seguito per la produzione del distillato.
  2. Vitigni utilizzati. Le uve pisquere, a bacca bianca o rossa, possono essere di 8 varietà equamente divise tra le quattro aromatiche Moscatel, Albilla, Torontel e Italia e le restanti non-aromatiche Mollar, Negra criolla, Uvina e Quebranta, considerata la migliore.
  3. Zone di produzione. La prima barbatella in Sud America fu piantata a Cuzco e sempre qui fu prodotto il primo vino. Attualmente la viticoltura si concentrata sulla fascia costiera di 5 dipartimenti: Lima, Ica (la zona a più alta vocazione vinicola), Arequipa, Moquegua e Tacna. Dalla capitale Lima fino ai confini con il Cile, la cosiddetta Ruta del Pisco è un interessante itinerario enoturistico.
  4. Tipologie di Pisco. Il Pisco peruviano si presenta assolutamente limpido, poiché dopo la distillazione non è mai affinato in legno. Sono 3 le tipologie in commercio: Pisco puro (da uve monovitigno); Acholado (ottenuto da un blend di diverse varietà) e Mosto Verde. Quest’ultimo, il più pregiato, si ottiene da mosto non completamente fermentato che conserva dunque un significativo residuo zuccherino e molti più sentori aromatici del frutto. Da notare inoltre che, nel Mosto Verde, il rapporto uva\distillato è doppio rispetto alle altre tipologie di Pisco.
  5. La degustazione. Il Pisco presenta profili aromatici estremamente variegati: da neofiti, in una degustazione di varie etichette, si potrebbe pensare perfino di trovarsi di fronte a bevande diverse. Data la gradazione alcolica elevata (38-48 °C) occorre fare attenzione a non stimolare eccessivamente i recettori olfattivi. Per apprezzarne maggiormente il bouquet è bene berlo a piccoli sorsi, spingendo il liquido con la lingua verso il palato, trattenendolo in bocca prima di deglutirlo.
  6. Cocktail. Bere il Pisco da solo, liscio, è il modo migliore per apprezzarne le caratteristiche, tuttavia è un distillato che si presta bene anche alla miscelazione. Il cocktail più famoso è senza dubbio il Pisco Sour, nella cui ricetta sono previsti albume d’uovo, sciroppo di zucchero, succo di limone appena spremuto e un paio di gocce di angostura. Altrettanto diffuso, specie tra i peruviani, è il Chilcano de Pisco, molto rinfrescante, a base di ginger ale, succo di lime e l’immancabile angostura.