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Perché dobbiamo smettere di dire “sigillare la carne”?

di Marta Manzo 13 Febbraio 2024 14:00

È una procedura che si trova in moltissime ricetta, peccato rimanga una dicitura che non esiste. Non tanto per un sostanziale errore, quanto piuttosto per la finalità dichiarata. Ne abbiamo parlato con il cuoco Guido Mori, direttore dell’Università della Cucina Italiana.

Sigillare la carne: un passaggio che si trova in moltissime ricette lo richiede ancora oggi, peccato sia una bischerata colossale. Ne avevamo scritto qui qualche tempo fa, spiegando in cosa consistesse questa pratica che viene usata per “trattenere i liquidi”. Eppure, sigillare la carne continua a sentirsi in giro anche se non si può dire. Non tanto per un sostanziale errore nella procedura, quanto piuttosto per la finalità dichiarata. Perché? Lo abbiamo chiesto allo chef Guido Mori, direttore dell’Università della Cucina Italiana.

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Chef Mori, partiamo dall’inizio: esiste la sigillatura della carne?

Sigillare è un concetto che risale più o meno agli anni ’80 ed è anche difficile da ricostruire. Questo significa che chi lo sostiene ancora oggi non studia da almeno 40 anni, oltre a non avere esperienza empirica in sé. Ne parlavo giusto pochi giorni fa con lo storico Luca Cesari, che mi raccontava di come si tratti di un antico malinteso: era, infatti, una maniera di dire creata da due problemi.

E cioè?

Bisogna spiegare un po’ di chimica, prima di tutto. Durante la cottura della carne, quindi di proteine e zuccheri, viene fuori la ormai nota reazione di Maillard , che ha tutta l’aria di ricoprire gli oggetti, ma in realtà è idrosolubile. E questo generava un primo dilemma. L’altra problematica è che mancava l’osservazione. Sempre negli anni ’80 il giornalista Harold McGee fu uno dei primi a mettere in discussione la sigillatura, ricorrendo a un esempio: se prendo bistecca su tagliere perde acqua? No. Se la cuocio? Sì. E da lì si è aperto il dibattito.

Qualcuno dice proprio “si sigillano i pori della carne”

Oh sì, si dice, ma quali pori? Tecnicamente la carne non ha pori. Per cui se dici una roba del genere vuol dire che non hai mai preso in mano una fetta di carne, che non ne hai mai neanche osservata una da vicino.

carne cuoce alla griglia

Aspetta però, un passo alla volta: che cosa è successo, storicamente, per cui siamo arrivati a questa frase?

È successo che la cucina aveva rallentato: c’erano i cuochi, che non studiavano, perché venivano fuori da situazioni al limite, tipo i cuochi pirati, usciti di prigione, quindi era fuori discussione studiare.

Quando e come è cambiato qualcosa?

Con Marchesi. Grazie a Gualtiero Marchesi si è legata la cultura alla cucina. E oggi tutta la nuova mandata di cuochi ha un’idea molto precisa della relazione che si consuma tra scienza, cultura e cucina. Il problema è che i precedenti, faccio l’esempio della cucina della tv, non hanno molta voglia di aggiornarsi – non tutti eh – perché i limiti della loro conoscenza sono quelli della materia. Se invece cominci a studiare e capire, capisci di non sapere. Per questo, per esempio, è necessario il confronto con le cucine di altri paesi: chiunque, cuoco, sia andato anche solo in Asia, e si è imbattuto con culture e conoscenze provenienti da lì, lo ha capito.

La prima volta in cui hai sentito la frase “sigillare la carne”
Ah, facevo il lavapiatti, considera che avevo 14 anni e avevo studiato biologia al primo anno. Lo aveva detto il cuoco, gli avevo risposto che era una bischerata. Sono stato cacciato, ma non è stata l’unica volta.

Torniamo alla chimica, allora: ci proviamo, con parole facili, a spiegare cosa succede nella cottura della carne?

Quando si cuoce la carne avviene quel che è nota come denaturazione delle proteine. Questi ammassi di amminoacidi enormi, per essere funzionali, oltre ad avere una successione che differisce, hanno anche forme diverse che caratterizzano gli utilizzi. Una volta cotte e poi lasciate a riposo, poiché queste proteine sono come dei fili molto lunghi, tendono a riorganizzarsi in altre strutture e a riacquistare i liquidi che hanno perso, perché sono in grado di stabilizzarli. Si riadattano, perciò, molto bene ai liquidi, quei famosi “succhi”.

E quindi perché è sbagliato dire che si sigilla?

Perché tu non stai chiudendo, anzi, stai aprendo ed è per questo che devi avere delle cure particolari. Nella cultura francese, più strutturata una volta rispetto alla nostra, c’era già l’idea che una volta cotta la carne al sangue si faceva riposare più o meno pari tempo a qualche grado in meno. Roba dell’800, eh? Nel nostro fare, invece, c’era una parte di queste tecniche di riposo, per esempio la porchetta a bocca di forno e non a freddo o la bistecca sull’osso. C’erano già, ma non eravamo ancora in grado di dargli una spiegazione. È diventata accademica con Marchesi e considera che, diciamo tra il 2011 e il 2013, il concetto si è strutturato nei programmi di cucina degli studenti.

In un video di TikTok in cui spieghi tutto questo fai riferimento a un collega che ha sigillato il guanciale “così rimane morbido”

Sigillare il grasso è ambizioso. La ricetta è fatta con qualcosa di strano per dire lo faccio diverso dagli altri. Molto spesso i cuochi pensano che facendo qualcosa di diverso sei più ganzo, ma poi alla fine sei oggetto di critica, perché quando un altro professionista ti vede non può che criticare. Per fare qualcosa di diverso devi conoscere molto bene i limiti fisici, se non sai fare chiedi aiuto invece di pensare di essere interprete di qualcosa che poi diventa rovinoso. Intanto, lavare insaccati è il primo problema, perché drena via lo sforzo messo dentro per farli. E, poi, sbollentare qualcosa fessura la parte proteica e i grassi tendono a sciogliersi: tradotto in parole povere, non c’entra niente.

Quindi più che sigillatura della carne dovremmo parlare di reazione di Maillard…

Tecnicamente è Maillard. Ormai tutti in cucina la chiamano così, anche l’ultimo assistente arrivato. Nonna griglia, sfrigge e salta e lo sa per tradizione, la sua è una cultura che acquisisce attraverso la prassi. Chiaramente questo tipo di studio è una cosa lunghissima, dura tutta una vita. Mentre per scoprire chimicamente perché qualcosa accade ti basta un giorno. Perciò bisogna studiare, perché la reazione di Maillard – che avviene a una certa temperatura e predilige un ph basico – chimicamente dà vita a prodotti e sottoprodotti idrosolubili, che sono poi quelli che danno il marroncino, il saporino.

E quindi, chef Mori, qual è il consiglio per smettere di sigillare la carne e non solo. 

Leggere sicuramente. Su TikTok avevo consigliato dei titoli che sono quelli che secondo me sono perfetti, più o meno specifici. La chimica degli alimenti, di Cabras, la Scienza della Carne di Dario Bressanini, Il cibo e la cucina di Harold McGee e poi sicuramente il Modernist, costoso, ma che è una delle enciclopedie che davvero merita di essere letta. A breve arriverà anche qualcosa di mio.

E poi?
E poi la cultura è una roba ampia. Se pensi di essere colto in cucina e parlare stentoreo ti stai sbagliando di grosso. Devi ascoltare, leggere, imparare di musica, guardare film, giocare ai videgiochi, viaggiare. Parlare.

Insomma, il prossimo che dirà sigilliamo la carne?
Lo correggeremo, ancora una volta.