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20 ricette dell’Emilia-Romagna che ancora non conoscevi

di Carlotta Mariani • Pubblicato 4 Febbraio 2021 Aggiornato 19 Ottobre 2021 14:47

Non solo tortellini e piadina. L’Emilia-Romagna è ricca di sapori, tradizioni e ricette dolci e salate tutte da scoprire.

Quando parliamo di ricette dell’Emilia-Romagna le prime cose che ci vengono in mente sono i tortellini e la piadina. Due preparazioni golosissime, conosciute ormai in tutto il mondo e, di sicuro, apprezzatissime in lungo e in largo la nostra Penisola. Questa regione, però, ricca di storia e di influenze culturali, abbracciata dal mare, dagli Appennini e dalla pianura, offre molto di più. Tanti piatti e specialità locali, a volte sconosciute persino dagli abitanti della stessa regione. Preparazioni antiche che vengono tramandate di generazione in generazione, valorizzando gli ingredienti del territorio. Siete curiosi di conoscere meglio le specialità di questa preziosa regione? Scoprite con noi le 20 ricette dell’Emilia-Romagna meno conosciute, ma che meritano assolutamente un assaggio.

  1. Minestra del paradiso: una delle ricette che fa parte dei prodotti agroalimentari tradizionali di Reggio Emilia. Chiamata anche riso con la tritura o tradura, era il piatto delle feste, ma anche un ottimo ricostituente per gli ammalati. Viene fatto cuocere il riso nel brodo di carne e si aggiunge un sostanzioso condimento a base di uova sbattute e parmigiano reggiano. In Romagna una minestra simile prende il nome di tardura. Il riso è sostituito con il pane raffermo e sembra che questa preparazione sia l’antenata dei famosi passatelli romagnoli.
  2. Zuppa imperiale: un’altra minestra della tradizione, questa volta bolognese, seppur la ricetta è diffusa anche nella confinante provincia di Ravenna. Si dice che a ispirarla sia sta una preparazione austriaca, la krinofel, conosciuta a Bologna grazie a Maria Luisa d’Austria, duchessa di Parma. Per prepararla è necessario prima creare una specie di torta di semolino con uova, burro e parmigiano. Una volta cotta in forno, si taglia a piccoli cubetti e si versano nel brodo bollente, di cappone o vegetale.
  3. Garganelli imolesi: forse avrete già sentito parlare di questa pasta, simile ai maccheroni, tipica dell’Emilia-Romagna. Pochi sanno che a Imola ne abbiano rivendicato la paternità e soprattutto una ricetta particolare, che l’Accademia Italiana della Cucina ha depositato nel 2019 alla Camera di Commercio di Bologna. Si tratta di una sfoglia all’uovo arrotolata su una specie di pettine usato nei telai. Fino agli anni ’70 i garganelli si servivano prevalentemente in brodo, mentre oggi si preferiscono condimenti asciutti, come il ragù oppure dadini di prosciutto crudo e piselli.
  4. Sugo agli stridoli: il ragù è sicuramente il condimento più popolare della regione ma, soprattutto in Romagna è tradizione condire la pasta fresca, specie le tagliatelle, con gli stridoli o strigoli (silene vulgaris). Si tratta di un’erba spontanea che si trova in campagna da maggio all’inizio dell’autunno, ma si può anche coltivare. Si fanno scottare  gli stridoli in padella insieme al soffritto e alla pancetta e si serve il tutto con parmigiano reggiano. C’è chi preferisce la versione rossa del sugo con l’aggiunta della salsa di pomodoro.
  5. Basotti: restiamo in Romagna e più precisamente nell’alta Valle del Savio, in provincia di Forlì-Cesena, un territorio dalle origini semplici che in passato aveva bisogno di sfruttare al massimo le risorse a disposizione. Ecco che allora le ossa del maiale venivano usate per preparare il brodo. Si cospargeva una teglia di strutto (oggi burro) e pangrattato. Si versavano un primo strato di tagliolini. Si condivano con strutto e formaggio grattugiato e così via, fino a terminare la pasta. A questo punto si versava il brodo (che oggi viene preparato con pollo o manzo) e si lasciava cuocere la teglia sulla brace finché i tagliolini non avevano assorbito tutto il brodo.
  6. Casagai: chiamato anche calzagatti è un piatto della tradizione contadina reggiana, ultimamente rivalutato e riproposto nelle feste di paese e nei ristoranti tipici. Di che cosa si tratta? Di una polenta di farina di mais mescolata ai fagioli soffritti con le cotiche. Secondo la leggenda, la padrona di casa, mentre stava portando in tavola un piatto di polenta e uno di fagioli, sarebbe inciampata nel gatto. Per sbaglio, i legumi, si sarebbero rovesciati sulla polenta, mentre l’animale sarebbe scappato via spaventato. Da qui deriverebbe il nome calzagatti ovvero che caccia via i gatti.
  7. Cotoletta petroniana: non esistono solo la cotoletta alla milanese o la Wiener Schnitzel al mondo. In Italia, infatti, c’è un’altra ricetta di questo tipo. Stiamo parlando della cotoletta petroniana o alla bolognese, una ricetta depositata alla Camera di Commercio di Bologna. Per prepararla è necessario battere una fesa o sottonoce di vitello in modo che diventi sottili. Si passa nel pangrattato e nell’uovo, poi si frigge nel burro. Una volta dorata, si adagia in una padella, si copre con prosciutto crudo e scaglie di parmigiano e si lascia sciogliere il formaggio insieme a un mestolo di brodo caldo. Alcuni rendono il tutto più elegante ultimando il piatto con qualche lamella di tartufo degli Appennini bolognesi.
  8. Stracotto: la storia di questa ricetta si perde nella notte dei tempi. Tipica della provincia di Piacenza, non è altro che uno stufato di manzo e verdure, che anticamente di cuoceva sulle braci del camino in un recipiente di terracotta chiamato stuvon. Ingrediente fondamentale è il Pistà ad Gràss, un tradizionale condimento locale a base di aglio, lardo ed erbe aromatiche. E poi il vino, possibilmente un Gutturnio Doc della provincia di Piacenza. Lo stracotto viene gustato con la polenta oppure diventa esso stesso ingrediente di altre preparazioni, come i famosi anolini o il sugo dei piacentini maccheroni alla Bobbiese.
  9. Vécia col pisst: Parma non è conosciuta solo per il suo prosciutto e il parmigiano. Tipico ingrediente della cucina locale è infatti la carne di cavallo. Con questa prelibatezza viene preparato un pesto (pisst). Come? La carne è macinata e servita cruda con aglio, olio e limone. Nella Vécia, la vecchia, questo speciale pesto è saltato in padella con peperoni, pomodori, cipolla e patate precedentemente fritte.
  10. Bartolaccio: a Tredozio (FC), nel cuore della Romagna, il piatto per eccellenza è questo tortello di sfoglia, farcito con patate, pancetta e formaggio. A volte le patate possono essere sostituite con la zucca. Si cuoce sulla piastra e ricorda un po’, per l’aspetto, un crescione o cassone. La sua tradizione è talmente forte che il comune di Tredozio a novembre organizza una sagra dedicata al bartolaccio o, in dialetto, bartlàz. 
  11. Friggione: altra ricetta tipica bolognese depositata in Camera di Commercio. È una ricetta di origine contadina, documentata per la prima volta nell’Ottocento. Un ottimo modo per iniziare un pasto insieme al pane tostato o per accompagnare il bollito misto bolognese. Ma in che cosa consiste? Il friggione è un piatto a base di cipolle fatte appassire nello strutto, a cui sono aggiunti pomodori freschi maturi e pancetta. È ammesso un pizzico di peperoncino. Il segreto del suo gusto irresistibile? La lenta e paziente cottura.
  12. Salame matto: la Romagna è la terra delle preparazioni a base di maiale, dalle succulente salsicce nelle grigliate miste al prosciutto nella piadina. Esiste, però, anche un salame che oggi potremmo definire vegetariano. Si tratta di una ricetta della cultura popolare, di quando non si poteva mangiare carne tutti i giorni, non più facile da trovare nelle case e nei ristoranti. Si prepara con lo stesso impasto dei passatelli quindi pane raffermo, uova, parmigiano. Unica differenza è l’aggiunta di un pizzico di bicarbonato. Si impasta il tutto dando la forma tipica del salame e si cuoce nel brodo di carne anche se poi il salame matto è servito asciutto come contorno.
  13. Castagne al vino: frutto tradizionale degli Appennini emiliano-romagnoli è la castagna. Se in provincia di Modena con questo ingrediente si preparano delle golose frittelle, in quella di Reggio Emilia si cuociono arrosto. Si pelano, poi si avvolgono in un canovaccio inzuppato di vino rosso per una mezz’oretta e si tengono in caldo davanti al camino. In alcune case vengono gustate cosparse di miele.
  14. Tagliatelle fritte: sono un classico del Carnevale dell’Emilia-Romagna insieme alle castagnole e ai fiocchetti. Le tagliatelle dolci fritte sono semplici strisce di sfoglia arricchita da zucchero e scorza di limone, arrotolate su se stesse e fritte. Alcuni aggiungono all’impasto un cucchiaio di rum ma nella tradizione contadina a cui appartiene questa ricetta si privilegiavano ingredienti semplici e facilmente disponibili. Una volta che si sono raffreddate si cospargono di zucchero a velo o di miele.
  15. Miacetto: a proposito di specialità legate alle feste, avete mai sentito parlare del miacetto? Probabilmente no, neanche se siete originari dell’Emilia-Romagna. Questo dolce natalizio è infatti presente solo nella cittadina di Cattolica, all’estremo sud della Romagna. Nell’antichità era un porto importante e, influenzata dai continui scambi, è nata questa preparazione a base di uvetta, scorza di agrumi, frutta secca tritata (mandorle, noci e pinoli locali), miele, olio e rùmgiulén, che potremmo definire oggi come farina integrale o cruschello.
  16. Vera Torta: come per il miacetto, si tratta di una ricetta poco conosciuta al di fuori della sua terra d’origine, Imola. Ma gli imolesi ne vanno molto fieri al punto da depositarla alla Camera di Commercio di Bologna. La prima testimonianza scritta di questo dolce risale al ‘700 ed è la preparazione delle grandi occasioni tant’è che è conosciuta anche come torta degli sposi. Non si usa la farina, ma per l’impasto di mescolano ricotta, mandorle tritate, zucchero, uova, amaretti, cedro candito e vaniglia. Una volta cotta, quando è ancora calda, la superficie della torta è spennellata con una bagna alcolica a base di alchermes e liquore di mandorle. Altrimenti c’è chi preferisce decorare il dolce con la glassa.
  17. Bustrengo: un classico dei dolci da credenza romagnoli, una ricetta di origine contadina che risale al Medioevo e valorizza tutto ciò che si ha in casa. Una preparazione svuota dispensa come la chiameremmo oggi. Ecco perché non esiste una ricetta ufficiale del bustrengo ma tante varianti che si tramandano di generazioni in generazioni. La più rinomata è, però, quella di Borghi (FC) che comprende ben 32 ingredienti, di cui alcuni segreti. Che cosa si può mettere nell’impasto? Farina, ma anche pane raffermo, uova, zucchero o miele, latte, fichi secchi, mele, olio d’oliva o strutto, uvetta, scorza di agrumi, vino, ecc.
  18. Sabadone: altra ricetta romagnola fatta con ingredienti poveri ma che continuano ad affascinare tant’è che a questa ricetta è dedicata a una sagra a Massa Lombarda (RA). Che cosa sono i sabadoni? Sono dei biscotti farciti, cotti al forno o fritti che sono infine bagnati nella saba, uno sciroppo che si ottiene dal mosto cotto. Possono avere forme diverse e ripieni diversi ma solitamente all’interno troviamo castagne lessate mescolate con la mostarda romagnola (savor) a base di mosto d’uva e frutta.
  19. Caterine: questi biscotti sono tradizionali di Ravenna e devono il loro nome al giorno in cui vengono preparati e scambiati ovvero il 25 novembre, il giorno dedicato a Santa Caterina, patrona delle sarte. Secondo la leggenda, un pasticcere ravennate si era innamorato di una sarta ma la famiglia della giovane era contraria al loro amore. Ecco che allora ideò un biscotto dalla forma di bambola come segno del suo amore. Il biscotto viene ricoperto di cioccolato e decorato con glasse e zuccherini.
  20. Mandorlini del ponte: questi biscottini sono invece tipici della provincia di Ferrara e, in particolare, della cittadina di Pontelagoscuro. È qui che a inizio ‘900 un negoziante, per sfruttare gli albumi rimasti dalla produzione del gelato nella sua bottega, creò la ricetta aggiungendo mandorle, farina e zucchero. Il negozio purtroppo è andato distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale ma la dolce preparazione è entrata a far parte della tradizione locale.

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