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Perché mi piace (anche) la pizza di Domino’s

di Chiara Patrizia De Francisci 19 Gennaio 2021 11:28

Com’è la pizza di Domino’s? L’abbiamo assaggiata più volte ed ecco perché ci piace, nonostante sia la pizza di una catena americana.

So già che grazie a questo articolo mi attirerò le ire di amici pizzaioli, artigiani e appassionati di tutta la Penisola, ma non posso farne a meno. Sappiate, se può bastarvi, che anche uno chef come David Chang ha ammesso in una puntata di Ugly Delicious di amare Domino’s. Partiamo da questo presupposto: la catena americana di pizzerie è tra le migliori del suo genere. A Milano ha messo radici da tempo, mentre a Roma è arrivata soltanto da poche settimane. Negli ultimi tempi ho provato diverse volte la pizza di Domino’s, cambiando tipo di impasto, di topping, mettendo alla prova le funzioni dell’app per customizzare l’ordine in tanti modi (ad esempio mettendo la farcitura solo su un lato della pizza: se siete ossessivo compulsivi, vi divertirete).

Un’app ben fatta

Se di cibo standardizzato dobbiamo parlare, allora partiamo dalla app: quella di Domino’s è semplice, intuitiva. Grazie al Pizza Builder vi farà scegliere ingrediente per ingrediente, e anche la quantità di ognuno. Potrete variare l’impasto. Inoltre saprete quanto tempo impiegherà la pizza ad arrivare alla vostra porta con una precisione (quasi) al minuto.

Non ci sono costi di consegna e spesso prima ancora di scegliere la pizza potrete approfittare di uno sconto: insomma, Domino’s sa farsi voler bene.

Menu

Se proprio desiderate una Margherita, Domino’s la propone. Io non l’ho mai provata, neanche come benchmark per questo articolo. Per curiosità una volta ho preso la Mantovana (fiordilatte, noci, crema di zucca mantovana, pancetta piacentina DOP, pecorino romano DOP che ho fatto togliere in quanto non mantovano) e l’ho trovata accettabile. In menu compaiono anche la 4 formaggi, la diavola, la boscaiola. Sono però dell’idea che, se devo ordinare una pizza da una catena americana, voglio provare l’esperienza più americana che ci sia. Quindi ho preso una pizza hawaiana e una pepperoni pizza (qui chiamata Pepperoni Passion). Per completare l’opera – e provare l’impasto pan, più spesso e soffice – ho ordinato quello che molti riterrebbero un abominio: la Cheeseburger Pizza.

L’assaggio

Partiamo dalla quintessenza delle pizze americane: la pepperoni pizza. Quella che per anni nei sottotitoli delle serie tv e nelle traduzioni è stata erroneamente chiamata pizza ai peperoni. Qui gli unici peperoni che troverete saranno lo jalapeno a fettine e le scagliette di peperoncino piccante. I topping prevedono anche mozzarella, Parmigiano Reggiano DOP (perché?),  salame piccante, scamorza affumicata e pomodoro (italiano, ci tengono a sottolinearlo).

La pizza è unta, carica, so wrong but so right. Una diavola all’ennesima potenza. Le fettine di pepperoni sono diventate croccanti e curve come piccole coppe ricche di sapore: negli Stati Uniti non è raro ritenere ben fatta una pepperoni pizza se il salame piccante si incurva. L’impasto tiene testa al condimento: è cotto in modo uniforme, non è eccessivamente panoso, tutto sommato è godibile e con una bella crosticina. C’è persino qualche bolla qua e là.

Passiamo alla pizza hawaiana. Gli ingredienti sono sempre distribuiti generosamente, a guardarla sembra un’innocente pizza con prosciutto cotto e carciofini a tocchetti. E al primo morso è ancora quello che il mio cervello registra: mozzarella filante, prosciutto cotto sapido, pomodoro… e poi compare un lieve accenno di dolcezza: l’ananas.

L’esperienza non è così scioccante, si tratta di un’eresia piuttosto stanca ormai: sono anni che gli chef tengono in equilibrio dolce e salato. E voi, sì voi che demonizzate questa pizza, probabilmente adorate il caramello salato. Detto questo, preferisco la pepperoni.

E per finire… la pièce de résistance: la Cheeseburger Pizza. Guardatela: è tutto ciò che dovremmo odiare in una pizza. C’è una quantità oscena di salsa burger, carne trita a pioggia e bacon (ovviamente, perché il bacon rende tutto migliore, come amano ricordarci negli USA). Non c’è il cheddar perché ne detesto la consistenza da sottiletta salata, ma voi lasciatelo: fa parte dell’esperienza. La salsa burger è cremosa, dolciastra ma con una punta di acidulo: sembra quella del Big Mac. La carne trita è più una consistenza che un sapore; le cipolle potrebbero essere più cotte, ma del resto non lo sono in un cheeseburger. Il bacon completa l’americanità della pizza, che non è più una pizza. Eppure l’abbiamo finita. Tutta.

Conclusioni: perché mi piace la pizza di Domino’s?

Non dovrei giustificarmi, ma lo faccio. Perché mi piace questa pizza? Per lo stesso motivo per cui a volte mangio i McNuggets: ha un buon sapore. Mi piace perché l’ho digerita più facilmente di alcune pizze dozzinali che ho trovato vicino casa. Mi piace perché è un guilty pleasure. Mi piace perché ho potuto personalizzarla a mio piacimento. Ed è arrivata a casa calda, ben confezionata e puntuale: non è una cosa da poco.