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I “Ribelli di Trentingrana”: intervista agli allevatori

di Marta Manzo • Pubblicato 2 Dicembre 2022 Aggiornato 5 Dicembre 2022 15:00

Gli allevatori Trentingrana raccontano la loro storia e le loro idee in questa intervista. Ecco cosa ci hanno detto.

Carla e Guido sono allevatori del consorzio dei Caseifici Sociali Trentini, che riunisce 17 caseifici e circa 650 produttori di latte locali. Sono tra i Ribelli di Trentingrana, tutti con delle storie uniche da raccontare. Di latte, sale, caglio, ma anche di rispetto. Legate al loro lavoro e alla loro passione, alle montagne e alle vallate in cui vivono e alla tradizione che portano avanti di generazione in generazione. Storie diverse tra loro, certamente. Unite però dal Trentingrana.

Carla viene da Zortea, un piccolo paese del Trentino orientale della Valle del Vanoi. Ha avuto il coraggio di lasciare un posto di lavoro sicuro per cambiare vita, per seguire la passione e il sogno di Ivano, suo marito. “Un salto nel vuoto praticamente – racconta – lavoravo in una casa di riposo e non ne avevo nessuna intenzione. Però con la scusa che mio marito aveva questo desiderio ho detto va bene, proviamo. E così ho iniziato.

Guido, invece, allevatore ci è praticamente nato. Vive nel paesino di Romeno, del cui caseificio, che produce per la maggior parte Trentingrana e altri formaggi, è socio. Una vita a mille metri d’altezza. “Faccio questo lavoro direi da quando sono nato – spiega – perché mia madre mi trovava sempre nei prati. Quando andavo a scuola scappavo per aiutare a fare il fieno con mio papà, ero un po’ anche discolo. Mio padre era un maestro di musica, penso di aver preso di più da mia madre, che era nata in un maso vicino al mio paese. Adesso non c’è più, ma è sempre stata una donna contadina, legata alla terra, mai stanca, che ha fatto lavorare le mani. E quella genetica l’ho presa anch’io“.

Perché siete dei ribelli?
Guido: Ribelli perché nella mia valle specialmente siamo un po’ orsi diciamo. Non si hanno molte occasioni di socializzare, a volte sei in campagna da solo, in montagna da solo, anche dal punto di vista del lavoro è duro e non tutti riescono a farlo. Sicuramente noi ci siamo un po’ ribellati a quelle cose moderne che ci sono e che magari ti fanno vedere che la vita è così bella e facile. E invece non è vero.
Lavorare in Trentino è bellissimo secondo me, perché il Trentino ti dà delle opportunità, le montagne, puoi andare in malga, le valle verdi. Se uno non conosce il Trentino si studi le parole dell’inno al Trentino, c’è dentro tutto. Dalle cime bianche alle verdi vallate etc etc. logicamente è sempre un’agricoltura di montagna, un’agricoltura di sacrificio.

Avete rinunciato a una vita che poteva essere più comoda e agevole…
Carla: Diciamo che i pro li ho scoperti dopo. Il mio lavoro mi piace tanto perché è a contatto con gli animali e la natura, non fai mai la stessa cosa, e diciamo che sei immerso nella natura, vai avanti in base alle stagioni, la primavera non fai quello che fai all’autunno, ogni stagione ti porta a fare delle cose diverse, e non è assolutamente monotono.

E non senza qualche problema.
Carla: Adesso come adesso i contro sono diventati i costi, perché è aumentato tutto. E non solo nella zootecnia, ma in qualsiasi settore. Comunque questo è il problema, il resto sono tutte cose superabili. Perché se tu ami il tuo lavoro, di conseguenza vai avanti e superi anche i sacrifici e le rinunce. Ma solo se hai la pazienza di aspettare, perché la natura è così: non è che oggi semini e domani raccogli. Devi aspettare e i frutti vengono. E ti danno soddisfazioni. Tipo il Trentingrana, che è un formaggio che ti dà tante soddisfazioni.

mucca in alpeggio

Quindi quello dell’allevatore non è un lavoro faticoso?
Guido: Io vengo dal presupposto che chi ama il suo lavoro non lo vede come fatica, come affanno. Io ci vado volentieri. Il mio lavoro è scandito anche dal ritmo delle stagioni, gli autunni, gli inverni, la primavera, un po’ la neve, un po’ le malghe d’estate. Per me è stata, lo dico tra virgolette perché amo il mio lavoro, una vita “quasi in vacanza” dal mio punto di vista. Logicamente i sacrifici ci sono stati.

Anche perché non state soltanto producendo Trentingrana, ma anche tutelando i luoghi da cui proviene.
Carla: È importante che i ragazzi continuino questo mestiere perché la montagna è fragile, bisogna custodirla, bisogna rispettarla. Bisogna stare sulla montagna. Basta guardare cosa succede se la montagna è abbandonata e le malghe sono abbandonate: quando arriva un temporale più forte le acque vanno dappertutto. È per questo che è importante che ci sia un presidio, per questo è importante che questo lavoro lo portino avanti i ragazzi. Non siamo solo allevatori, ma anche custodi del territorio. “Giardinieri”, dico alle volte.