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Scrigno di Venere: la storia della ricetta emiliana quasi perduta

di Daniela Anguilano 20 Luglio 2023 17:00

Ideato negli anni ’60 in un locale del centro di Bologna ecco lo Scrigno di Venere, scenografico e godurioso involucro di pasta brisè dal ripieno che non ti aspetti. Qui le info su dove è ancora possibile mangiarlo o, alternativamente, la ricetta del Nuova Roma per prepararlo a casa tua.

Una delle cose che emoziona di più noi foodies è entrare in un locale e trovare in menu piatti di matrice classica che, per la loro complessità esecutiva, rischiano di finire nel dimenticatoio. A Bologna e provincia uno dei piatti che ha rischiato di scomparire nell’oblio è una combinazione di ingredienti assemblati per creare una presentazione che incanta gli occhi: lo Scrigno di Venere. Ma di cosa si tratta? Di un guscio di pasta brisée ripieno di tortellini pasticciati e cotto in forno in una cocotte di terracotta. Ma partiamo dall’inizio.

Le origini

Come accade per molte ricette, anche per lo Scrigno di Venere le informazioni che sono giunte fino a noi relativamente alla sua origine sono poco chiare e discordanti.

Piatto di recupero

C’è chi sostiene si tratti di un piatto di recupero, un piatto anti spreco ideato per riutilizzare gli avanzi di tagliatelle (verdi); una versione della storia però (a nostro avviso) alquanto improbabile data la complessità della preparazione e la ricchezza degli ingredienti utilizzati, che vanno a cozzare con l’idea di piatto di recupero.

Al Cantunzein di Bologna

Un’altra ipotesi, quella più plausibile, è che si tratti semplicemente di un piatto ideato negli anni Sessanta dal ristorante al Cantunzein di Bologna (ormai chiuso), dove il proprietario Evio Battellani e la cuoca Maria Gaddoni misero a punto questo goloso piatto, anche se leggermente differente rispetto a quello che è possibile gustare oggi.

A farcire lo scrigno 1.0 erano infatti, come accennato in precedenza, delle tagliatelle strette di sfoglia verde cotte molto al dente e tirate in un sauté con panna, ragù e prosciutto.

Ma cosa centrano quindi i tortellini? Beh, premettendo che già nello storico locale di Piazza Verdi pare fossero soliti sostituire – in particolari occasioni – le tagliatelle con i tortellini, un altro trait d’union tra questa prima versione dello Scrigno e quella attuale potrebbe essere il tortellino infilato in uno stecco con cui la Gaddoni era solita guarnire i suoi tegamini appena usciti dal forno (come mostrato in questa foto d’epoca).

Come si prepara lo scrigno di Venere

Portare in tavola uno Scrigno di Venere non è proprio un gioco da ragazzi, sono infatti ben 4 le preparazioni necessarie per finalizzare il piatto: in primis quella dei tortellini (i gioielli contenuti nello scrigno), passando poi a quella del ragù bolognese, della besciamella e della pasta brisée.

Una volta preparati tutti gli ingredienti, far saltare i tortellini cotti al dente con olio extravergine di oliva, aggiungere del Parmigiano Reggiano, quindi unirli al ragù e alla besciamella.

Trasferire i tortellini all’interno di una cocotte imburrata e foderata con una sfoglia di pasta brisèe, e chiudere lo Scrigno accertandosi di non lasciare eventuali bolle d’aria o aperture. Laccare la superficie superiore con dell’uovo sbattuto e cuocere per 30 minuti in forno statico preriscaldato a 240°C. Ultimata la cottura, estrarre con attenzione lo Scrigno di Venere dalla cocotte e lasciarlo riposare per una decina di minuti prima di servirlo.

Dove mangiarlo

Sfortunatamente, i posti in cui è possibile trovare lo Scrigno di Venere si possono contare sul palmo di una mano, per quello che ne sappiamo sono infatti solo tre i locali che propongono questa specialità:

  • la Fermata del Gusto, noto laboratorio gastronomico di Via Saragozza che propone uno scrigno a portar via in due diverse varianti, classico o con crema di Parmigiano e tartufo (quando è di stagione);
  • L’Oasi Ristorante Hotel di Sasso Marconi, locale di Giuliano Facchini che – quando Maria Gaddoni ideò nel 1968 lo Scrigno che le valse il titolo di Cuoca d’oro – lavorava come maître proprio al Cantunzein, e che propone in carta questa specialità solo nel periodo autunnale;
  • infine, sempre in quel di Sasso Marconi e disponibile solo su prenotazione, al Ristorante Nuova Roma dove lo abbiamo finalmente provato e dove abbiamo goduto di ogni singolo boccone.