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5 modi diversi di interpretare la pizza

di Gabriele Valdès • Pubblicato 20 Gennaio 2014 Aggiornato 25 Marzo 2022 09:15

La pizza è uno dei piatti preferiti dagli italiani, e si mangia lungo tutto lo Stivale. Agrodolce vi racconta le 5 tipologie più diffuse in Italia.

L’Italia è una repubblica fondata sulla pizza, anzi sulle pizze. Sarebbe riduttivo parlare di un solo prodotto quando in ogni città possiamo trovare pizze differenti che variano per tipologia e metodo di realizzazione. Vorremmo raccontarvi qualcosa sui principali stili di pizza che mangiamo, ovvero sul perché certe pizze hanno determinate caratteristiche che ci piacciono oppure no, e nel farlo cerchereremo di raccontarvi qualcosa in più sulle tecniche di impasto.

  1. Pizza forno
    Pizza da Forno
    . Partiamo dalla classica pizza da fornaio che in Italia si trova sia alta e morbida sia bassa e leggermente croccante. Cosa accomuna queste due varianti? L’olio. Sono quasi sempre delle pizze abbastanza unte, e hanno un retrogusto dolciastro comunque piacevole; vengono vendute sia rosse semplici sia con la mozzarella, oltre alla versione bianca classica da farcire. Questo tipo di impasto ha al suo interno delle componenti grasse quasi sempre rappresentate dall’olio (di semi o d’oliva) o dallo strutto, ingredienti in grado di dare sofficità o croccantezza a seconda della lavorazione e, nel caso dello strutto, anche una nota di sapore ben definita. Lo zucchero o il malto d’orzo vengono aggiunti nell’impasto per garantire un gusto leggermente dolciastro al prodotto finale e la caratteristica colorazione ambrata della crosta nel caso della pizza bianca. Le lingue di impasto vengono stese su assi di legno e infornate su pietra refrattaria irrorate di olio, condite con pomodoro o lasciate bianche per essere farcite dopo la cottura. Il nome pizza alla pala deriva proprio da questa tecnica di stesura su pale in legno e cottura su pietra. Alcuni fanno lievitare l’impasto in teglia per avere una pasta alta e soffice con alveolatura stretta e diffusa, altri stendono l’impasto molto basso per ottenere una buona croccantezza una volta fuori dal forno. Questo tipo di pizza è sicuramente tra le più vendute ogni giorno in tutta la penisola.
  2. Dry pizza
    Pizze tonde.
     Passiamo alle pizze tonde da pizzeria, escluse napoletane e romane che meritano un capitolo a parte.  L’italia qui si divide a seconda degli stili. Il Nord, soprattutto negli ultimi anni ha trovato uno stile che predilige pizze con un certo spessore, alveolatura non troppo aperta, a volte abbastanza serrata, sofficità diffusa e cornicioni ben dorati dovuti a cotture non esplosive. Alcuni pizzaioli si distinguono per l’utilizzo del lievito naturale o addirittura per un non utilizzo di lievito in fase di impasto, tecnica chiamata idrolisi dell’amido: in parole povere acqua e grano spezzato vengono uniti a determinate temperature, queste condizioni innescano dei lieviti naturalmente presenti nelle farine facendo da agente lievitante per l’impasto. La cura nella scelta dei condimenti ha dato una nomea di pizza gourmet a questa scuola di pizze prodotte in Lombardia e Veneto. Scendendo verso il centro lo spessore della pizza sembra abbassarsi e abbiamo degli ibridi che si avvicinano alla pizza romana, bassa e scrocchiarella. Questo tipo di pizza, della quale parleremo fra poco, è una base sulla quale tanti pizzaioli si muovono con alcune variazioni, ed è la tipologia di pizza in assoluto più’ diffusa in Italia. Sud e Isole (a parte la Campania che fa storia a sé) sfornano pizze con cornicione non sviluppato ma largo e leggermente croccante, la base è sottile, l’impasto non viene sottoposto a lunghe lievitazioni. Queste pizze non hanno una croccantezza eccessiva e si riescono a mangiare con le mani senza che la fetta si pieghi, come succede invece con la napoletana. Le cotture non sono mai veloci, si arriva a 3/4 minuti in forno a legna.
  3. Pizza romana
    Pizza romana.
    La pizza romana è un classico: bassa, tirata come una sfoglia a mano o con il mattarello grazie al peso ridotto dei panetti che non arrivano in certi casi a 160 grammi (contro i 250/280 della pizza napoletana). Questa pizza ha un cornicione quasi inesistente, con una croccantezza e bruciacchiatura ben presente. La pizza romana, chiamata anche scrocchiarella, se ben fatta è estremamente piacevole proprio per la sua consistenza e per quel leggero sentore di bruciato che si può avvertire in alcune parti del bordo. Viene stesa sul banco sia con farina 00 che con semola rimacinata, e i tempi di cottura si aggirano intorno ai 3 minuti. Sembra che questo tipo di pizza derivi dalla Pinsa (pinsère in latino significava schiacciare), antichissima focaccia schiacciata di origine laziale che veniva condita con formaggio o erbe aromatiche. Questa preparazione è stata riscoperta da qualche anno e si può nuovamente gustare in alcuni locali.
  4. PIzza Napoletana
    Pizza napoletana.
    Arriviamo alla pizza napoletana, tipologia adorata in tutta la Campania e non solo. Prevede un impasto più difficile di quel che sembri ed esiste un disciplinare a regolamentarne la realizzazione: dovrebbe avere almeno 12 ore di lievitazione, esclusivamente a temperatura ambiente. La cottura viene fatta in forno a legna a volta bassa, con fiamma presente e bella vivace, le temperature arrivano a 450/500 gradi e questo fa si che la pizza cuocia in 60 secondi o anche meno. L’esplosività della cottura lascia la pizza talmente soffice che potrebbe sembrare cruda al palato di alcuni, ma non lo è. Purtroppo la più famosa delle pizze è spesso vittima di mani poco professionali e inesperte che le hanno fatto guadagnare l’ingiusta nomea di pizza gommosa ed alta. Questo è dovuto ad errori di stesura di alcuni pizzaioli che per velocizzare il lavoro non rispettano i tempi corretti di lievitazione. Trovare una pizza napoletana fatta ad arte è diventato veramente difficile, Napoli compresa.
  5. La pizza in teglia
    Pizza in teglia 
    o Pizza al taglio, come è chiamata più spesso, è l’ultimo stile che vogliamo raccontarvi. E’ una pizza che cuoce in forno elettrico su teglie in ferro blu, materiale usatissimo nelle pizzerie; la si può trovare più o meno soffice e più o meno sviluppata in altezza. L’impasto varia parecchio, sia come quantità di acqua al suo interno sia per come viene gestito nelle fasi di lavorazione. Se l’impasto steso viene subito infornato, la pizza avrà un maggiore sviluppo e una consistenza più asciutta e leggermente croccante soprattutto sulla base. Se invece prima di cuocere è prevista una seconda lievitazione in teglia, la pizza sarà soffice e con una mollica a materasso, finemente alveolata. La pizza al taglio viene venduta a peso divisa in tranci, oppure sempre a tranci ma piegata in due come mono-porzione. All’inizio degli anni ’90 a Roma nacque la famosa teglia romana, ovvero una pizza in teglia con un’alta percentuale di acqua all’interno dell’impasto e parecchie ore di lievitazione in cella frigorifera. Questa tipologia di impasto si è diffusa in seguito in altre parti d’Italia diventando un marchio di qualità tra pizzaioli professionisti che hanno studiato e messo in pratica questa tecnica. La pizza in teglia romana ha come caratteristica una base croccante sormontata da mollica alveolata e leggerissima. Viene impastata sia con farine di grano tenero ad alto assorbimento d’acqua, anche mischiate tra loro in precise proporzioni, sia con farine di altri cereali come il farro .
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