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La cacio e pepe secondo Arcangelo Dandini

di Daniela Traverso 24 Settembre 2015 09:27

In occasione di Cheese, Arcangelo Dandini ha tenuto un laboratorio in cui ha illustrato 4 versioni della pasta cacio e pepe: eccole nel dettaglio.

Durante Cheese 2015 abbiamo assistito a un illuminante laboratorio sulla cacio e pepe, tenuto dallo chef romano Arcangelo Dandini, del ristorate Arcangelo di Roma, in cui sono stati svelati tutti i segreti di una delle paste romane per eccellenza, così semplice ma assolutamente non scontata. per realizzare una grande cacio e pepe è necessario avere materie prime eccellenti In cattedra con lo chef presenti anche Giuseppe Di Martino, del Pastificio Di Martino di Gragnano, organizzatore del laboratorio insieme a Slow Food; Eugenio Signoroni di Slow Food e l’esperto di birre Roberto Parodi. Lo chef romano ha spiegato che “per fare una grande cacio e pepe, data la sua grande semplicità, è necessario avere delle grandi materie prime, a partire dalla pasta“.

cacio e pepe di martino

Arcangelo Dandini è famoso per la sua cottura della pasta, che non è al dente, ma qualcosa di più: al chiodo. Questo tipo di cottura veloce valorizza le caratteristiche della pasta, che risulta più croccante sotto i denti, più ruvida sul palato, più saporita (perché cuocendola meno si riescono a percepire in maniera più netta le caratteristiche del grano) e più digeribile.

arcangelo dandini

Lo chef ha proposto, e raccontato, 4 ricette di cacio e pepe, con formati di pasta diversi, decisi per valorizzare il tipo di formaggio scelto. Le cacio e pepe in questione erano i 2 tipi tradizionali romani con spaghetti pecorino e pepe, e 2 variazioni, una dedicata al Nord Italia e una al Sud Italia.

  1. cacio e pepe sabbiosaCacio e pepe sabbiosa: la cacio e pepe in versione sabbiosa è l’antenata. Lo chef Dandini la propone nella sua versione più estrema: gli spaghetti di Gragnano infatti, cotti rigorosamente al chiodo, sono conditi esclusivamente con pecorino grattugiato e poco pepe (precedentemente tostato e battuto al mortaio in modo che la sua aromaticità si esprima appieno). Lo chef ci spiega che questa pasta non può essere troppo carica di pepe, perché è di origine popolare e il pepe è una spezia che si trovava di più nelle cucine dei ricchi, è quindi molto improbabile che fosse usato in grande quantità. Questa versione risulta essenziale ma molto piacevole, la croccantezza e la ruvidità della pasta si uniscono perfettamente con la spolverata asciutta di pecorino e pepe.
  2. cacio e pepe cremosaCacio e pepe cremosa: la versione cremosa è, secondo lo chef, l’evoluzione borghese della cacio e pepe sabbiosa. Questa interpretazione è assolutamente plausibile e supportata dal fatto che questa versione della cacio e pepe sia stata codificata per la prima volta da Ada Boni, personaggio appartenente all’alta borghesia romana dei Parioli, nel suo Talismano della Felicità. Gli ingredienti sono gli stessi della versione sabbiosa: assolutamente imprescindibile è lo spaghetto di Gragnano cotto al chiodo, ruvido e croccante. Varia la preparazione, perché il pecorino è mantecato con acqua e aumenta un po’ la quantità di pepe. Il risultato è uno spaghetto avvolto totalmente da questa crema di formaggio, morbida e vellutata, sapida ma che ben si sposa con la dolcezza del grano.
  3. cacio_e_pepe_finale_2Cacio e pepe omaggio al Sud Italia: per rappresentare il Sud si è scelto un pennone rigato, un tempo chiamato maltagliato. Questo pennone ha valorizzato al meglio la crema di formaggio, preparata con un ottimo Provolone del Monaco e olio extravergine d’oliva, due prodotti rappresentativi della cultura del Sud. Il risultato, neanche a dirlo, è stato strabiliante. La sapidità della crema di provolone e olio, che risulta morbida ma ancora leggermente rustica sul palato, abbraccia completamente il pennone rigato di Gragnano unendosi alla sua dolcezza; il pepe è la ciliegina sulla torta. Da provare.
  4. cacio e pepe nordCacio e pepe omaggio al Nord Italia: questa variante della cacio e pepe vede protagonista un ottimo rigatone di Gragnano, che riesce a valorizzare in maniera eccellente la crema di formaggio. Per preparare questa versione lo chef ha utilizzato uno dei formaggi del nord per eccellenza: il Castelmagno, ammorbidendolo con burro chiarificato, lasciato leggermente raffreddare. Per il resto non c'è niente di diverso dalla preparazione della cacio e pepe classica. Il risultato? Un gran rigatone cotto al chiodo, ruvido e croccante, condito da una crema vellutata e da una spolverizzata di pepe. Deliziosa.