Home Cibo Imparare dagli italiani: nell’Artico si produce la bottarga di merluzzo

Imparare dagli italiani: nell’Artico si produce la bottarga di merluzzo

di Pamela Panebianco • Pubblicato 25 Settembre 2018 Aggiornato 24 Ottobre 2022 14:29

La bottarga di meluzzo è prodotta in Norvegia seguendo una tradizione italiana: ecco come Jonas Juselius ha avuto l’idea per creare questo prodotto.

Cosa lega Tromsø all’Italia? Niente direte voi. In realtà anche noi avremmo risposto così. Noi che a Tromsø guardiamo come meta esotica per viaggi ipotetici, immaginando di aurore boreali e renne, di gelidi giorni brevissimi e sole di mezzanotte. D’altronde nulla è più esotico della cittadina norvegese che si trova ben al di là del 69° parallelo. Nell’Artico. A Tromsø si produce bottarga seguendo la tradizione italianaVi stupiremo però raccontandovi di come anche a Tromsø pensano all’Italia, e non come approdo parimenti esotico. Pensano all’Italia, alla Sardegna e anche a una tradizione gastronomica di cui siamo portatori. La amano, la studiano e in qualche modo la fanno propria. Imparano le nostre tecniche. Si impadroniscono, con estremo rispetto, di una tradizione che abbiamo acquisito dai fenici e che ha un nome arabo. Una tecnica antica di 3000 anni. La salagione e l’essiccazione delle sacche ovariche di grandi pesci. L’arte di realizzare la bottarga.

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Ben note, per noi, sono la bottarga di muggine, quella di tonno. Italiane, ricche di gusto, sapide, marine. Servite in purezza, utilizzate per insaporire la pasta, dare un tocco prelibato ai secondi e, perché no, impiegate per rendere audaci i dolci. Versatile nel suo gusto deciso, la bottarga è madre di mille preparazioni semplici o estremamente elaborate. Ed è proprio da una di queste ricette (letta su un blog) che, una manciata di anni fa, Jonas Juselius, chimico finlandese, ha tirato fuori l’idea di utilizzare lo Skrei – il merluzzo nordico- per ottenere una bottarga dal gusto gentile ma intenso. Facendo nascere la bottarga di merluzzo.

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È mescolando la sapienza dei pescatori dell’artico, la curiosità di Joakim Wikström (svedese, un passato nella ristorazione e con studi di economia alle spalle), la vision di Lia Berti che studia la fattibilità del progetto, con il clima rigido dell’inverno norvegese, che Jonas ottiene un prodotto di buona qualità. La chiama Bottarga, all’italiana, aggiungendoci la specificazione Borealis, per ribadire fermamente che si tratta di un prodotto nordico, artico, ma con un tocco nostrano.

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La produzione rispecchia i dettami della tradizione ma seguendo il clima del Circolo: le sacche vengono prelevate nella stagione dell’innamoramento dei merluzzi, da gennaio ad aprile, salate nelle zone di approdo delle navi, maturate sulle strutture che da secoli vengono utilizzate per essiccare lo stoccafisso, esposte ai venti dell’Artico, al freddo secco della Norvegia. Trascorso un tempo, che varia dalle 10 alle 15 settimane, le baffe sono pronte per essere consumate. Il clima, completamente diverso da quello caldo in cui vengono prodotte quelle italiane, ne modella gusto e aspetto. Il colore è aranciato, il sapore più delicato delle bottarghe nostrane. E proprio come le nostre, questa bottarga di Skrei può essere affettata o grattata, utilizzata in cottura o aggiunta appena prima del servizio. È un prodotto che guarda all’alta ristorazione ma che ammicca agli estimatori casalinghi, a chi voglia con un semplice gesto impreziosire un piatto semplice.

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E non storca il naso chi si sente depredato di una arte antica, che la tradizione si alimenta con l’opera di alcuni visionari, come il capitano veneto Pietro Querini, che una volta naufragato nelle gelide acque del Nord fu accolto e sfamato dal prelibato pesce locale essiccato, lo stoccafisso. Alimento divenuto, grazie al gemellaggio con la Norvegia, il principe di tutta la cucina popolare italiana da Sud a Nord. Alla luce di questo, quindi, non ci resta che dare il benvenuto alla Bottarga Borealis.