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Giovani chef e tradizione: Fabio di Vilio

di Pamela Panebianco • Pubblicato 19 Luglio 2019 Aggiornato 18 Ottobre 2021 11:52

Fabio di Vilio è lo chef de La scialuppa di Salvatore, ristorante con stabilimento di Fregene: lo abbiamo intervistato e assaggiato la sua cucina di mare.

Siate immaginifici. Il villaggio dei pescatori, gli attracchi, le piccole imbarcazioni e ancora Fregene, il litorale romano, la costa bassa e sabbiosa, gli stabilimenti. Se dovessimo modellare la cornice entro cui è contenuto il ristorante La Scialuppa di Salvatore gli elementi sarebbero questi. Una cucina di mare che parte da ingredienti del territorio e gioca con la tradizione Per definire meglio il quadro poi, occorrerebbe dire che: oltre a essere un propugnacolo sul mare, in cui le sale si susseguono man mano più luminose e ricche di salsedine quando dall’ingresso in Via Silvi Marina al 69 ti sposti verso la veranda e la sabbia, il ristorante è in attività dal 1956, e che, a oggi, è aperto tutti i giorni dell’anno. Inverno inoltrato compreso. Al timone (e spero che le similitudini nautiche finiscano qui) da qualche anno troneggia Fabio di Vilio.

Tatuaggi e una abitudine di guardare in tralice; abitudine che ben poco a che fare con il suo carattere. Se al primo impatto credi di avere davanti un uomo di quelli duri, forgiati dal mare, appena dopo ti rendi conto di quanto questo giovane chef, abbia la gioia di ascoltare, chiacchierare, raccontare la sua vita attraverso frasi brevi e affilate, e di riportare tutto se stesso nella sua cucina. Ed è così che parte un pranzo ricco di quelli che puoi fare quando ancora la stagione non è ancora caldissima. Era inizio giugno lo ammetto. Certe cose devono sedimentare. Fabio è chef appassionato. E qui, a 10 passi dall’acqua, non può che proporre una cucina di mare che dal mare prende le mosse senza discostarsene e risulta, dopo qualche voluta, sempre nuova. Un colpo alla tradizione, e un twist su ingredienti del territorio proposti con creatività.

Nel menu punti fermi sono i classici della cucina marinara: sautè di cozze, totani alla luciana, crudi freschissimi, spaghetti ai lupini, strozzapreti alla pescatora, tagliatelle alla puttanesca di totani (in foto), ragù di polpo, le fritture e la griglia per i secondi di pesce da ordinare a peso. Con tanto di servizio di sfilettatura al tavolo: d’antan e manieristica secondo alcuni, decisamente nelle corde di un ristorante appollaiato sul mare, secondo noi. Se poi invece si vuole esperire e saggiare le potenzialità della cucina basta far fare allo chef.

Le canocchie crude trovano acidità nella giardiniera fatta ad hoc, il barracuda -per cui lo chef ha sicuramente un debole e per il quale potrete iniziare ad avere un debole anche voi- diventa un ceviche in cui la marinatura, quello che in Perù chiamano leche de tigre, non snatura la consistenza fibrosa e potente del pesce (lo trovate in foto più sotto). Il polpo e patate assume un nuovo volto quando alla crosta croccante si associa il velluto godurioso del tubero. Un super classico come burro alici diventa una tartelletta friabile in cui le sarde crude incontrano la possenza grassa della burrata (in foto).

Il salmone selvaggio (in foto) dopo essere stato marinato e affumicato finisce a impreziosire un pan brioche ed è completato da un finocchio croccante e polvere di cavolo. Se avete ancora fame tornate con i piedi a terra e proseguite con i primi piatti del giorno che variano a seconda della disponibilità del mercato. I dolci in carta cambiano con il variare delle stagioni. Perché in questo stabilimento ci si viene anche in inverno, quando fuori il mare è cattivo e tu hai bisogno di perderti nella sua furia. Ma tralasciando la poeticità spicciola, torno a Fabio, che minuziosamente chiede conto dei piatti. Di quello che era ben eseguito ma soprattutto ciò che si potrebbe migliorare. Ed è qui che iniziamo a chiacchierare. Confessarci. Intervistare.

Chi sei?
Fabio Di Vilio, chef del Ristorante La Scialuppa da Salvatore, ho 35 anni e tanta voglia di averne 19.

Botta e risposta, mi piace. Cosa volevi fare da grande?
Il mio sogno da bambino era diventare Pilota, poi si è tramutato, e ho iniziato un corso di studi in Ingegneria Aerospaziale ed infine ingegneria del suono a Milano. Poi ho conosciuto mia moglie, sono entrato a far parte della grande famiglia di questo ristorante. Salvatore è suo nonno. Sono partito dalle basi: ho iniziato a vedere come si stava in sala, mi ci sono appassionato e infine sono entrato in cucina, dove ho cercato di livellare i problemi tra i due reparti. D’altronde ho un passato da ingegnere. Poi è venuta la necessità di fare un cambiamento culinario per il ristorante.

Quindi come è cambiata la cucina della Scialuppa da Salvatore da quando sei tu lo chef, qual è il tuo tratto distintivo?
Ho capito che accostare alla tradizione, sapori e tecniche di una volta, può dar vita a una cucina ancora moderna. Ovviamente alla base c’è la cura nella scelta delle materie prime. Tutto il nostro pesce viene dal mare che abbiamo qui di fronte. E con un pesce così buono bisogna fare soltanto una cosa: scegliere con cura le lavorazioni. Che lascino quanto più intatto il sapore in sé perfetto del pesce. Nulla si può fare senza la tradizione, è un elemento fondamentale, senza quella non c’è una vera cucina, secondo me bisogna partire da quella: mai scordarci da dove veniamo.

Qual è l’ingrediente che più ami usare in cucina?
Più che un ingrediente, si tratta di una preparazione. Sono completamente affascinato e devoto all’affumicatura. Alcuni alimenti li affumico a freddo (temperature comprese tra i 18 e i 25°C per 24 48 ore): con questa tecnica preparo salmone e barracuda, ad esempio. Mi sto cimentando ad esempio in una pastella affumicata, in cui subiscono il processo sia l’acqua di mare che la farina. Poi ci sono ingredienti che affumico a caldo, tipo la tracina. Le temperature arrivano ad un massimo di 60°C. Ho un controllo maniacale per questi processi, accendo e spengo l’affumicatore per avere una affumicatura controllata e prolungata, non voglio che nessuna materia prima perda la propria identità, non voglio che si insaporisca troppo. Altre affumicature le facciamo sulla campana al caminetto, in questo caso si tratta di una affumicatura diretta che avviene a caminetto spento. Anche i pomodori, le patate e le cipolle alla brace che vengono essiccate e polverizzate hanno quel sentore di affumicatura che mi piace, anche se sono preparate in effetti alla griglia.

Come ti vedi tra 3, 5, 7 anni?
Ho una enorme voglia di imparare, quindi nell’immediato futuro voglio intervallare il mio lavoro a qualche stage in ristoranti stellati. Voglio poter crescere, visto che sono autodidatta e ho l’aspirazione di continuare a imparare. Tra 5 anni vorrei essere in una piccola realtà tutta mia, in cui io possa esprimere me stesso senza vincoli, dove posso mettermi in gioco davvero. Non che qui non lo faccia, ma se devo sognare… Tra 7 anni, spero di aver raggiunto qualche traguardo importante, ma non per mancanza di umiltà, solamente per una gratificazione dopo tutto il sacrificio che uno fa trascurando famiglia e figli.

Sogna ragazzo, sogna. Un augurio. Nient’altro da aggiungere.