Tradizioni pugliesi: le pittule dell’Immacolata
Le pittule o pittole sono delle palline fritte di pasta lievitata. Si tratta di un piatto tipico pugliese originariamente servito il giorno dell’Immacolata.
In ogni abitazione pugliese il giorno dell’Immacolata Concezione si preparano le pittule pugliesi, dette anche pittole o pettole. Ma cosa solo le pittule?
Cosa sono le pittule?
Il nome pittule dipende da logiche squisitamente sociolinguistiche, che ineriscono le aree considerate “periferiche” oppure a forte innovazione dialettale rispetto agli originali greco-latini. La sostanza è la stessa: la pittola è una pallina di pasta a base di farina e acqua, lievitata e fritta, che viene servita calda calda e possibilmente mangiata immediatamente dopo la cottura, da cui il detto “Friggendo, mangiando“.
Quando si preparano le pittule
Ognuno in Puglia ha il ricordo di una nonna intenta a friggere le pittule per l’Immacolata o altre ricorrenze il cui retroterra culturale è religioso, come santa Cecilia a Taranto a fine novembre, o Natale un po’ dappertutto nella terra dei Messapi. La filosofia cambia da nonna a nonna e da cuoca a cuoca, attraverso ricette personali e modi di preparazione, che si tramandano nelle famiglie per via femminile: un indicatore di come ancora oggi in molte zone della Puglia ci sia un matriarcato forte, in cui la cucina non è vista come luogo di costrizione femminile, ma di liberazione creativa e sapere.
Come sono fatte le pittule
Le pittule sono un piatto povero, preparato con ingredienti semplici, da consumare senza guarnizioni, ad esclusione del mosto cotto oppure del miele, se servite come dessert. In veste di antipasto possono essere personalizzate nei modi più disparati arricchendone l’impasto: con il cavolfiore, alla pizzaiola (con pomodoro, alici e olive nere), con la patata dolce schiacciata, con delle verdure a foglia e così via. somethingQueste sono le varianti classiche, ma naturalmente esistono tantissime, da provare in base alla fantasia e alla stagione. La preparazione delle pittole ha un che di rituale. Ci vuole qualche ora per la lievitazione, che avviene in una terrina coperta da una pellicola, a sua volta protetta da un maglione o comunque qualcosa di lana pura che isoli termicamente l’impasto: in dialetto è detta manta, una copertura il cui nome fa un po’ sorridere, ma che è funzionale all’azione che esercita. Infine c’è la frittura vera e propria, preparata all’ultimo momento, in modo che le pittule si posino sulla tavola ancora calde. Non tutte le pittule riescono della forma giusta, ed è lì che si vede la bravura della cuoca. A volte sono piuttosto piatte, ma le più esperte riescono addirittura a farle a forma di cuore.
Si possono preparare le pittule senza glutine?
Sì, oggi è possibile adattare la ricetta tradizionale delle pittule per chi segue una dieta senza glutine. Basta sostituire la farina di grano con un mix di farine senza glutine, come quelle a base di riso o mais, e aggiungere eventualmente un po’ di gomma xantana per aiutare la lievitazione. Anche la consistenza e il sapore delle pittule senza glutine saranno ottimi, soprattutto se servite calde e appena fritte.
Quali oli utilizzare per friggere le pittule?
La frittura delle pittule è un passaggio fondamentale per ottenere la loro croccantezza esterna e morbidezza interna. In Puglia, l’olio d’oliva extravergine è spesso la scelta preferita, grazie al suo sapore ricco e alla resistenza alle alte temperature. Tuttavia, per chi desidera un gusto più neutro, si può optare per l’olio di semi di arachidi, che garantisce un ottimo risultato senza sovrastare il sapore dell’impasto.
Come conservare le pittule?
Le pittule sono deliziose se consumate appena fritte, ma possono essere conservate per qualche ora avvolte in un panno di cotone per mantenerle morbide. Se avanzano, è possibile riscaldarle in forno a bassa temperatura per ridare croccantezza alla superficie. Per una conservazione più lunga, potete congelarle dopo la frittura e riscaldarle direttamente in forno quando necessario.
Le pittule sono solo pugliesi?
Sebbene le pittule siano profondamente radicate nella tradizione pugliese, esistono varianti simili in altre regioni d’Italia. Ad esempio, in Calabria si preparano le “crespelle”, mentre in Sicilia esistono versioni chiamate “sfincione” o “sfinci”. Tuttavia, ogni regione ha adattato la ricetta ai propri ingredienti e tradizioni locali, rendendo unico ogni piatto.
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